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La diagnosi precoce e le terapie personalizzate: il futuro della lotta contro il tumore al seno
Ciao bellissima Donna,
sapevi che il tumore al seno è il più comune tra le donne, con circa 56mila nuovi casi diagnosticati ogni anno?
Nonostante ciò, grazie alla diagnosi precoce e ai progressi nella medicina, oltre il 95% delle pazienti riesce a superare la malattia.
Questo straordinario risultato è possibile anche grazie a strategie mirate per prevenire le ricadute, che includono uno stile di vita sano e terapie sempre più personalizzate.
L’importanza della diagnosi precoce
Durante l’evento Il Tempo della Salute, esperti come Paolo Veronesi, presidente di Fondazione Umberto Veronesi e direttore del Programma di Senologia all’Istituto Europeo di Oncologia (Ieo), hanno sottolineato quanto sia cruciale intercettare il tumore nelle sue fasi iniziali.
Oggi, il 30% delle diagnosi avviene quando il tumore è ancora non palpabile, grazie a strumenti come mammografia ed ecografia. «In questi casi – spiega Veronesi – si guarisce quasi sempre».
Gli screening periodici sono fondamentali
In Italia, la mammografia è offerta ogni due anni dal Sistema Sanitario Nazionale alle donne tra i 45 e i 75 anni, con alcune differenze regionali.
Tuttavia, è consigliabile iniziare già a 35 anni con un controllo annuale, magari abbinato all’ecografia, che aumenta del 20% la probabilità di diagnosi precoce soprattutto nelle donne più giovani.
Terapie su misura: un approccio innovativo
La personalizzazione delle terapie è un elemento chiave per garantire non solo la guarigione, ma anche il benessere a lungo termine delle pazienti.
Giuseppe Curigliano, direttore della Divisione Nuovi Farmaci dello Ieo, spiega che il tumore al seno si distingue in tre principali tipologie, ciascuna con caratteristiche, trattamenti e rischi di recidiva differenti.
Ad esempio, i tumori ‘tripli negativi’ hanno un rischio di recidiva concentrato nei primi tre anni, mentre quelli ormonoresponsivi possono ripresentarsi anche dopo molti anni.
Grazie alle terapie moderne, il rischio di ricadute si può ridurre significativamente.
Per i tumori ormonoresponsivi, ad esempio, si utilizza una terapia ormonale per almeno cinque anni, integrata, nei casi più a rischio, con inibitori delle cicline.
«In futuro – aggiunge Curigliano – strumenti come la biopsia liquida, che rileva il DNA tumorale nel sangue, ci permetteranno di identificare meglio le donne più a rischio e di intervenire tempestivamente»
Lo stile di vita: un alleato fondamentale
Oltre alle terapie mediche, lo stile di vita gioca un ruolo cruciale nella prevenzione delle recidive.
Mattia Garutti, oncologo e nutrizionista, evidenzia che l’attività fisica e una dieta equilibrata sono essenziali.
Le linee guida raccomandano almeno 150 minuti di esercizio aerobico a settimana, associati a due sessioni di allenamento anaerobico con pesi o a corpo libero.
«L’importante è scegliere attività che piacciono, così da renderle una vera abitudine», sottolinea Garutti.
Per quanto riguarda l’alimentazione, la dieta mediterranea si conferma come la scelta migliore.
Questo regime include cinque porzioni quotidiane di vegetali, cereali integrali, frutta secca e semi, legumi tre volte a settimana e olio d’oliva a crudo.
Consumo moderato di carne rossa (una o due volte a settimana) e alcol sono altri pilastri di un’alimentazione protettiva.
Come sottolineano gli esperti, l’obiettivo è non solo guarire, ma anche prevenire le recidive, migliorando la qualità di vita delle pazienti.
Ogni donna, con il supporto di controlli regolari e un approccio integrato, può giocare un ruolo attivo nella propria salute.
Condividi questo articolo con amiche e parenti per ricordare loro l’importanza della prevenzione!
Un abbraccio!
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