Scienziata sconfigge il cancro con virus coltivati in laboratorio: una storia di autosperimentazione e successo
[Tempo di lettura: 3 min]
Ciao bellissima Donna,
Oggi ti raccontiamo una storia davvero incredibile!
Nel 2020, Beata Halassy, virologa dell’Università di Zagabria, ha scoperto di avere un cancro al seno in stadio avanzato.
Questa diagnosi arriva dopo una mastectomia e due recidive precedenti, e a questo punto Halassy non voleva affrontare un altro ciclo di chemioterapia.
Così, ha preso una decisione drastica: ha scelto di curarsi da sola, sperimentando un trattamento non provato, ma che aveva studiato attentamente.
Un caso che ha suscitato non solo discussioni scientifiche, ma anche etiche, legate all’auto-sperimentazione.
Halassy ha deciso di somministrarsi un trattamento chiamato viroterapia oncolitica (OVT), un campo emergente che utilizza virus per colpire le cellule tumorali e stimolare il sistema immunitario a combatterle.
Nonostante non fosse una specialista in questo trattamento, Halassy ha deciso di applicare il suo vasto background scientifico per tentare la cura.
La sua scelta di auto-sperimentarsi ha attirato l’attenzione internazionale, anche per le implicazioni etiche legate all’uso di un trattamento non approvato.

Viroterapia oncolitica: un trattamento innovativo
La viroterapia oncolitica è un’area della medicina emergente che sfrutta virus modificati geneticamente per distruggere le cellule tumorali.
Sebbene sia stato testato in diverse forme di cancro, incluso il melanoma metastatico, il trattamento non è ancora approvato per il cancro al seno.
Halassy ha scelto due virus, entrambi già sperimentati in studi clinici: il virus del morbillo e il virus della stomatite vescicolare (VSV).
Questi virus sono noti per infettare le cellule da cui ha avuto origine il suo tumore.
Dopo aver coltivato i virus nel suo laboratorio, Halassy ha seguito un regime di trattamenti auto-somministrati, sotto la supervisione dei suoi oncologi, che avrebbero potuto intervenire con terapie tradizionali in caso di necessità.
I risultati sono stati sorprendenti: il tumore si è ridotto significativamente e i bordi invasi dal muscolo e dalla pelle sono stati staccati, facilitando la rimozione chirurgica.
L’analisi post-operatoria ha mostrato una notevole infiltrazione di linfociti, cellule del sistema immunitario, suggerendo che la viroterapia aveva stimolato una risposta immunitaria contro il tumore.
Etica dell’auto-sperimentazione: un caso controverso
Il trattamento autoiniettato di Halassy ha sollevato diverse questioni etiche.
Sebbene il suo approccio non sia stato il primo caso di auto-sperimentazione in ambito scientifico, la pubblicazione dei suoi risultati è stata ostacolata da preoccupazioni riguardo ai potenziali rischi e alle implicazioni morali.
In particolare, la paura che la sua esperienza potesse incoraggiare altre persone malate a rifiutare trattamenti convenzionali a favore di metodi non provati ha alimentato il dibattito.
Jacob Sherkow, esperto di diritto e medicina, ha sottolineato che sebbene l’auto-sperimentazione non sia di per sé immorale, pubblicare i risultati potrebbe incentivare pratiche pericolose in persone che potrebbero non avere le competenze scientifiche per gestire un trattamento del genere.
Tuttavia, Sherkow riconosce anche che è importante non far perdere conoscenze derivanti da esperimenti come questo, ma che tali trattamenti non dovrebbero essere la prima opzione per chi riceve una diagnosi di cancro.
Un futuro di ricerca rinnovato
Nonostante le preoccupazioni etiche, Halassy non ha rimpianti riguardo alla sua scelta.
La sua esperienza ha portato una nuova prospettiva nella sua ricerca, che ora si concentra sull’applicazione della viroterapia per curare il cancro negli animali domestici.
Inoltre, ha ricevuto finanziamenti per approfondire il suo lavoro in questo campo.
Per lei, l’esperienza personale è stata non solo una cura, ma anche una spinta a cambiare direzione nella sua carriera scientifica.
Halassy è consapevole che la sua esperienza non può essere considerata una guida per altri pazienti, ma la sua determinazione a pubblicare i risultati dimostra la sua volontà di contribuire al progresso della ricerca, anche quando ciò implica sfidare le convenzioni.
La sua storia, quindi, è una riflessione sull’importanza di bilanciare innovazione e precauzione, soprattutto in un campo delicato come quello delle cure contro il cancro.
In conclusione, il caso di Beata Halassy non solo ha portato all’attenzione della comunità scientifica il potenziale della viroterapia oncolitica, ma ha anche aperto un dibattito sull’etica dell’auto-sperimentazione, un tema che continuerà a suscitare riflessioni e discussioni in futuro.
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Un forte abbraccio e a presto. 🫶🏻💗
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