Oggi rispondiamo alla fatidica domanda che molto spesso pone dubbi e perplessità: si può diventare mamma dopo il cancro? La risposta è SI.
Garantire a una donna la possibilità di diventare mamma, al di là che nel tempo decida o riesca a mettere al mondo un figlio, vuol dire offrire un orizzonte diverso dalla malattia.
Un modo per prendersi cura della sua mente che in molti casi dà anche la spinta in più che serve per affrontare le terapie oncologiche.
Ma il cancro come influenza la fertilità?
Una volta ricevuta la diagnosi di tumore e prima di iniziare le cure, una donna in età fertile colpita da un cancro deve sapere che il percorso terapeutico potrebbe limitare la possibilità di avere un figlio.
Però la fertilità viene influenzata soprattutto dal corretto funzionamento degli organi riproduttivi, dal tipo di chemio e dalla radioterapia.
Per tutte queste ragioni, quando si ha di fronte una paziente oncologica, si fa il possibile per preservare la sua fertilità. Come? “Congelando” la possibilità di avere un figlio, una volta che la malattia sarà alle spalle.
Ovvero, i pazienti che hanno già superato la pubertà possono prevenire l’infertilità ricorrendo alle tecniche di crioconservazione dei gameti (sempre prima di iniziare le terapie oncologiche).
Così, si ha poi la possibilità di usufruire del proprio campione depositato alla “banca dei gameti” e attivare le tecniche di procreazione Medicalmente Assistita (Pma).
Tra le altre strategie attivabili, ci sono la crioconservazione degli ovociti o del tessuto ovarico (due anni fa è nata la prima bimba italiana da una donna che si è sottoposta a questa procedura), la soppressione delle ovaie (con un farmaco che blocca l’ovulazione durante le terapie oncologiche) e la trasposizione chirurgica delle ovaie (per non essere intaccate dalla radioterapia).
Impressionante vero?
Uno studio presentato da un ospedale londinese ha dimostrato che la casistica di probabilità è alta.
Infatti, quasi 900 donne oncologiche (età media di 33 anni) hanno chiesto supporto per preservare la fertilità prima di iniziare le cure, di cui il 63% era stata poi colpita da un tumore al seno.
Dopo un consulto, quasi 1 donna su 2 (42%) ha chiesto di poter andare avanti con una delle tre tecniche che abbiamo citato prima.
La procedura più efficace? Il congelamento degli embrioni, che però è consentito in Gran Bretagna.
Quasi 1 donna su 6 reduci dal cancro al seno, ha chiesto poi di utilizzare gli ovociti e gli embrioni congelati e sono riuscite a portare avanti la gravidanza.
In Italia, negli ultimi dieci anni, sono state poco più di 3.500 le pazienti oncologiche che hanno preservato la loro fertilità con la crioconservazione.
Di queste, da quanto è stato analizzato dal Registro di Procreazione Assistita dell’Istituto Superiore di Sanità, 2.148 hanno conservato gli ovociti e 1.371 il tessuto ovarico.
E tu conoscevi queste procedure? Faccelo sapere lasciandoci un commento.
2 comments
Roberta Nassini
Ciao io ho congelato gli ovociti 2 anni fa prima delle chemio ho 40 anni e nessun figlio e sono molto contenta di questa possibilità….forza guerriere un abbraccio forte!
Chemio World
Ciao bellissima Roberta!
Grazie per averci condiviso la tua esperienza 🙂
E’ bello poter avere la scelta di decidere!
Un abbraccio grande