Ciao bellissima Donna,
le cellule tumorali del cancro al seno si muovono all’unisono come un gruppo di animali, come stormi di uccelli o banchi di pesci, agendo come un’unica entità.
I ricercatori italiani hanno scoperto che, sfruttando questa caratteristica biologica e fisica, il cancro al seno diventa più forte ed è in grado di diffondersi nel corpo.
Attraverso algoritmi di analisi, si è riusciti a comprendere come queste cellule si muovano in coordinazione, come se fossero un unico organismo.
Questa scoperta, oltre ad essere un possibile punto debole da cui partire per combattere la malattia, rivela quanto le cellule tumorali possano essere simili a forme di vita complesse.
Le cellule possiamo immaginarle come un pezzo di ghiaccio che si fonde e si espande.
E gli studiosi stanno cercando di capire quali siano le leggi chimiche, biologiche e fisiche che governano le sue migrazioni.
Inoltre, hanno osservato che durante questo passaggio di stato da solido a liquido, alcune cellule tumorali si rompono a causa dei forti stress meccanici, rilasciando il loro DNA.
Questo rappresenta un fortissimo segnale infiammatorio, potenzialmente in grado di attivare il sistema immunitario innato.
Il punto è che oggi, quando ci si trova di fronte a questi tumori, non sappiamo dire come si comporteranno e di conseguenza si ricorre sempre all‘intervento chirurgico e alle terapie.
Proprio per questo, nei diversi studi condotti, si è scoperto che la proteina RAB5A induce la fluidificazione della massa tumorale ed è frequentemente espressa in quantità notevole proprio nei più aggressivi tumori al seno.
Quindi, questa potrebbe essere una prima soluzione.
Però, il tumore utilizza strategie molto diversificate per sopravvivere e diffondersi, che spesso vengono attivate contemporaneamente, in modo da aggirare le difese dell’organismo.
Gli invadopodi (chiamati anche piedi invasivi) sono strutture adesive che la cellula usa per evadere dalla matrice in cui è ‘imprigionata’.
Sono come un macchinario che serve a degradare, scavare buchi e canali.
In generale, però, ora che abbiamo imparato a conoscere meglio il tumore, la maggior parte delle ricerche si concentra sulla possibilità di sfruttare il sistema immunitario.
Gli studi sui vaccini a mRna, ad esempio, rientrano in questo filone.
Un’altra soluzione molto interessante è stata scoperta dai ricercatori della Bar Ilan University di Tel Aviv che hanno messo a punto una molecola in grado di prevenire la formazione di metastasi.
Nei topi, lo studio ha mostrato una riduzione del rischio del 90%. Incredibile vero?
“Immobilizzare” le cellule del tumore e impedire loro di andarsene in giro, entrare nei vasi sanguigni e invadere altri organi, formando metastasi, che rappresentano la vera causa di morte per cancro.
Una strategia diversa e complementare rispetto a quella usata fino ad oggi.
E non solo, ma un altro gruppo di ricercatori della Bar Ilan University di Tel Aviv, in Israele, sostiene di aver trovato un modo per fare esattamente questo.
Lo riportano in uno studio pubblicato su Oncogene, dove hanno testato una nuova molecola (che ancora non è un farmaco) su alcuni topi con tumore alla mammella.
Se gli studi clinici nell’essere umano dovessero confermarlo, si tratterebbe di un trattamento preventivo delle metastasi unico nel suo genere, come gli scienziati riferiscono oggi a The Times of Israel.
Più nel dettaglio, Jordan Chill del Bio-NMR Laboratory presso l’università israeliana e i suoi colleghi, autori dello studio, sono partiti dalla biologia del tumore solido (com’è, per esempio, il tumore al seno).
Per muoversi, spiegano questi studiosi, le cellule tumorali formano delle strutture simili a dei piedi, chiamate invadopodi, che permettono loro di penetrare attraverso le membrane ed entrare nel circolo sanguigno.
Queste strutture, però, entrano in azione solo quando vengono “attivate” dall’unione di due proteine.
Quello che hanno fatto i ricercatori è sviluppare una molecola che inibisce questa unione e impedisce agli invadopodi di maturare, riducendo così fortemente la possibilità che il tumore invada altri organi.
La molecola messa a punto è anch’essa una sorta di piccola proteina (un peptide, più correttamente), identificata con la sigla Pyk2-PRR2.
Come anticipato, la molecola è stata testata su un gruppo di topi, nei quali ha bloccato la formazione di metastasi al polmone (uno dei siti più frequenti in cui il tumore al seno forma metastasi), riducendo il rischio di tumore metastatico del 90% rispetto al gruppo di controllo.
Secondo gli studiosi, il meccanismo dovrebbe funzionare anche con gli altri tipi di tumore solido.
E tu cosa ne pensi a riguardo? Credi che nei prossimi anni potremo finalmente dire addio alle metastasi?
Un abbraccio!
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